C’è una striscia di costa, lambita dal Mediterraneo, che ogni anno a maggio si trasforma nel centro dell’universo cinematografico. Cannes, perla della Costa Azzurra, si veste di luci, tappeti rossi e cineasti da ogni parte del mondo. Ma prima di diventare il palcoscenico del glamour e del cinema d’autore, il Festival di Cannes è stato il sogno interrotto dalla guerra, rinato tra le macerie e diventato un simbolo di libertà creativa.
Alle origini del mito: il sogno francese
La genesi del Festival di Cannes ha radici politiche oltre che artistiche. Siamo nel 1938. La Mostra del Cinema di Venezia — allora unico grande festival cinematografico al mondo — è ormai sotto il controllo fascista. Quando la giuria italiana premia Luciano Serra, pilota e Olympia di Leni Riefenstahl (un’opera di propaganda nazista), la delegazione francese, con in testa Philippe Erlanger, reagisce indignata. L’idea è semplice quanto rivoluzionaria: creare un festival libero da pressioni ideologiche, dove il cinema sia giudicato per il suo valore artistico, non per fini politici.
Nel 1939, tutto era pronto. La prima edizione del Festival internazionale del film di Cannes sarebbe dovuta partire il 1° settembre, in contemporanea con la dichiarazione di guerra della Francia e del Regno Unito alla Germania. Il sipario non si alzò mai. L’edizione inaugurale venne cancellata.
Il dopoguerra e la rinascita: Cannes 1946
È solo nel 1946 che Cannes riesce finalmente a tenere la sua prima vera edizione. La guerra è finita da poco. Il Palais Croisette, improvvisato quartier generale del festival, ospita film provenienti da 21 paesi. È un momento di rinascita, e Cannes si propone subito come spazio di dialogo, sperimentazione e confronto.
Curiosamente, quell’anno non viene assegnata una Palma d’Oro (non esiste ancora): i premi vengono distribuiti “alla pari” a ben 11 film, in un clima quasi utopico di egualitarismo cinematografico. Da allora, Cannes diventa un appuntamento fisso, annuale (con l’eccezione del 1948 e 1950, quando problemi finanziari obbligano a una pausa).

La nascita della Palma d’Oro e l’epoca d’oro
Il simbolo supremo del festival, la Palma d’Oro, nasce nel 1955, ispirata allo stemma cittadino di Cannes. Il primo a riceverla è Marty di Delbert Mann, un film che vince anche l’Oscar: un ponte, questo, tra il cinema d’autore e il successo popolare.
Negli anni ’50 e ’60, Cannes diventa un laboratorio creativo mondiale. Passano dalla Croisette registi come Ingmar Bergman, Federico Fellini, Akira Kurosawa, Luis Buñuel. Ma è negli anni ’60 che Cannes si colora di contestazione: nel 1968, il festival viene interrotto a metà. Jean-Luc Godard, François Truffaut e altri giovani registi occupano fisicamente lo schermo, in solidarietà con il Maggio francese. Un atto clamoroso che segna l’inizio della politicizzazione del festival e del suo legame con i movimenti culturali e sociali.

Il glamour e lo scandalo: la doppia anima di Cannes
Negli anni ’70 e ’80, Cannes si trasforma: da laboratorio d’avanguardia a spettacolo globale. Si affermano le sfilate sul red carpet, le dive in abiti d’alta moda, le feste nei superyacht. Ma sotto la patina luccicante, il cuore del festival rimane intatto: la celebrazione del cinema come arte.
Sono gli anni in cui Cannes consacra cineasti come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Emir Kusturica, Jane Campion. E in cui non mancano le polemiche: dalle contestazioni femministe agli scandali per film ritenuti “eccessivi” (come Antichrist di Lars von Trier, o Irreversible di Gaspar Noé).

Il nuovo millennio: il festival tra tradizione e trasformazione
Cannes ha saputo evolversi senza snaturarsi. Ha accolto il cinema asiatico (con Palme d’Oro a Apichatpong Weerasethakul, Bong Joon-ho, Hirokazu Kore-eda), ha dato spazio a documentari, animazioni e opere di registi emergenti. E ha mantenuto uno statuto unico: Cannes non è solo un festival, è una dichiarazione di poetica. Mentre altri eventi puntano sul marketing o sul glamour, Cannes rivendica il diritto del cinema di essere arte prima che intrattenimento.
Nel 2018, l’attrice Cate Blanchett guida una protesta sulla scalinata del Palais per denunciare la disparità di genere nell’industria cinematografica. Nel 2020, per la prima volta dalla guerra, il festival viene cancellato a causa del Covid-19. Ma nel 2021, Cannes torna, simbolicamente senza streaming: “Il cinema è sala”, dichiarano gli organizzatori.

Oggi il festival è più globale che mai, ma resta fedele alla sua missione: essere la vetrina del cinema che osa, che provoca, che fa riflettere.
Cannes non è solo il festival del cinema: è il festival della libertà di immaginare.