Ezio Fratto è un giovane influencer e divulgatore cinematografico da quasi duecentomila follower su Instagram. Da poco ha esordito come regista, lavoro in cui aspira ad essere uno dei migliori.
“Lo spettro”
L.L. Vorrei partir dal tuo ultimo lavoro, “Lo spettro”. Qual è il messaggio che vuoi trasmettere? È una metafora amplificata della società attuale e di come fuggirne?
E.F. “Lo spettro” nasce più che altro da una mia esigenza per definire l’uomo in sé. Ritengo che l’uomo sia un essere contraddittorio, molto duale. Se guardi la scena iniziale c’è Lei in mezzo a due porte, una bianca e una rossa. Durante il film va in questo locale dove attende il suo prossimo lavoro e, fondamentalmente, fa discorsi sull’amore. Ed è una cosa forte perché una killer che fa discorsi sull’amore, sul mondo, è una cosa che ti fa chiedere: ma è possibile che una killer possa avere questa sensibilità? Diciamo che la mia idea nasce dal definire la dualità dell’uomo, il suo essere contraddittorio. L’uomo è un animale contraddittorio, difficile da definire.
Io volevo spaesare lo spettatore con questo personaggio che non si capisce bene che cosa pensa, che cosa fa e deve fare, perché è lì, perché sta facendo questo. Nasce dall’esigenza di definire l’uomo che per me è un po’ un essere strano che non si capirà mai, che non ha grandi chiavi di lettura, se non legate al caos e al mondo in cui vive. Tra l’altro, ho citato temi attuali come le guerre che ci sono nel mondo e il fatto che ci sia un generale incremento del tasso di omicidi.
Era una cosa che mi stava molto a cuore per dimostrare che l’uomo è un essere molto intelligente, alla base egoista, in un certo cattivo. Infatti poi Lei, nel discorso finale, dirà <<L’uomo è l’essere più egoista dell’universo, pensa ai propri interessi e non gliene frega nulla degli altri>>. Dice un po’ quello che io vedo e credo.
Il silenzio
L.L. Il silenzio esteriore è simbolico, la libertà del corpo è apparente perché è solo nella mente che siamo liberi davvero. Questo è ciò che ho pensato alla fine del cortometraggio. È coerente con il tuo messaggio?
E.F. Io credo che l’uomo non sia mai realmente libero, in un certo senso. Tant’è che Li poi vive di queste contraddizioni All’inizio dice <<Faccio quello che mi dicono i miei superiori, poi sono libera e posso fare quello che voglio>> ed è una contraddizione. Tu non sei libera, stai alle regole degli altri. Questo personaggio è molto legato alla ricerca di libertà nella società attuale, che, in realtà, non riesce a trovare.
È un corto molto sulla libertà, su come ci sentiamo nel mondo, legato magari alle nostre azioni quotidiane, anche perché lei deve rispondere per ciò che fa: è in un punto e aspetta questa telefonata che gli dirà fai questo e questo. Lei prende e fa quello.
La libertà
L.L. Quindi non è realmente libera.
E.F. No, come credo nessuno di noi lo sia perché deve sottostare ai diktat sociali. A meno che uno prende e va in una foresta: a quel punto è davvero libero. Tendenzialmente l’uomo nella società non è libero. Ma è anche giusto così: l’uomo deve sottostare a delle regole della società, altrimenti non ci sarebbe la società stessa.
Quello che voglio dire io è più legato all’anima, e all’animo, una cosa più astratta: quanto questo sottostare alla società e ai ritmi altrui imbruttisca l’anima. Io ho trovato ciò nella figura della killer che è la figura perfetta per raccontare questa cosa.

