Dario Argento premiato a Venezia con il SIAE Andrea Purgatori alla Carriera

Dario Argento, foto di Brian Eeles, Dario Argento Premio SIAE Venezia

Il maestro dell’horror italiano accolto da una standing ovation al Lido

C’è un silenzio che si trasforma subito in applauso fragoroso, un riconoscimento che diventa memoria collettiva: Dario Argento è salito sul palco del Casinò di Venezia per ricevere il Premio SIAE Andrea Purgatori alla Carriera durante le Giornate degli Autori. Il pubblico, in piedi, ha reso omaggio a un regista che ha ridefinito l’idea stessa di horror, trasformando il genere in un linguaggio poetico, visionario, irripetibile.

L’omaggio al maestro dell’horror italiano

Argento, visibilmente provato dopo il recente ricovero per una crisi respiratoria, ha ricevuto la targa dalle mani del presidente della SIAE, Salvo Nastasi, che ha voluto ricordare la storicità del momento consegnandogli la riproduzione della registrazione SIAE del suo esordio, L’uccello dalle piume di cristallo (1970). Un gesto simbolico che lega l’inizio della sua carriera al riconoscimento di una vita spesa per il cinema.

Le parole di Dario Argento sul cinema italiano

Il regista ha colto l’occasione per lanciare un messaggio sullo stato di salute del cinema nazionale: «Negli anni Sessanta abbiamo avuto capolavori, film meravigliosi. Negli anni Settanta la creatività ha trovato la sua forza nei giovani. Poi dagli anni Ottanta in avanti è iniziato il declino, accentuato nei Novanta e nei Duemila. Solo oggi, finalmente, il cinema italiano sta tornando a difendersi». Argento ha voluto sottolineare anche l’importanza del ruolo dell’Anac, l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici, che ha ridato stimolo alle nuove generazioni.

L’appello per la critica cinematografica

Tra i passaggi più forti del suo intervento c’è stata la riflessione sulla critica: «È finita, è sparita dai giornali e questa è una cosa grave, brutta per il nostro cinema. In Francia non è così, lì la trovi ancora e mantiene un ruolo centrale. Spero possa rinascere anche in Italia questa categoria di cui ho fatto indegnamente parte». Una denuncia che richiama al rapporto inscindibile tra cinema e pensiero critico, elemento fondamentale per la crescita culturale e per il dialogo tra opere e pubblico.

Le parole delle istituzioni

Il Sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni ha voluto rendere omaggio al regista con parole cariche di riconoscenza: «Il suo linguaggio visionario, capace di trasformare il brivido in arte e la paura in poesia visiva, mi ha conquistata fin da ragazza. Argento ha dimostrato che l’horror non è un genere minore, ma un campo in cui si sperimenta e si inventa, cambiando così per sempre una parte della storia del cinema».

Una carriera che ha segnato la storia del cinema

Dario Argento non è solo il regista di Profondo Rosso (1975) e Suspiria (1977), opere che hanno fatto scuola nel mondo intero: è anche il simbolo di un cinema che osa, che si spinge oltre i confini del realismo per scolpire nell’immaginario collettivo atmosfere disturbanti e affascinanti. La sua estetica è riconoscibile nei colori saturi, nelle geometrie scenografiche, nelle musiche di Goblin e Morricone che hanno trasformato la paura in esperienza sensoriale totale.

L’eredità culturale di Dario Argento

Il suo linguaggio ha influenzato generazioni di cineasti, da Quentin Tarantino a Nicolas Winding Refn, e continua a essere un punto di riferimento imprescindibile per chiunque si avvicini al cinema di genere. Non a caso, la sua poetica è stata spesso accostata a correnti artistiche come il surrealismo e l’espressionismo tedesco, per l’uso simbolico della luce e la distorsione della realtà a favore di una verità emotiva.

Un premio che celebra una leggenda vivente

Il Premio SIAE Andrea Purgatori alla Carriera, già assegnato ad autori come Alice Rohrwacher, Luca Guadagnino, Mario Martone e Paolo Sorrentino, quest’anno diventa omaggio a un mito che continua a rappresentare il cinema italiano nel mondo. A cinquant’anni da Profondo Rosso, Argento resta una figura capace di coniugare popolarità e avanguardia, riconoscibile e al tempo stesso sempre sorprendente.

Un maestro tra cinema e memoria

Nonostante gli acciacchi, Argento si è fermato al Lido a firmare autografi, dimostrando ancora una volta il suo legame con i fan. La sua carriera, iniziata oltre cinquant’anni fa, continua a essere un faro per il cinema italiano e mondiale, un’arte che trasforma il terrore in bellezza visiva. Questo premio non è solo un riconoscimento alla sua opera, ma al valore culturale che l’horror ha saputo assumere grazie a lui.

Perfetto, allora aggiungo un approfondimento critico al tuo articolo, in cui analizziamo come Dario Argento abbia ridefinito il concetto di paura al cinema, collegandolo anche ad altre arti e movimenti culturali.

Come Dario Argento ha ridefinito la paura al cinema

Parlare di Dario Argento significa parlare di una nuova grammatica della paura. Prima di lui, l’horror italiano aveva già una sua dignità grazie al gotico di Mario Bava, ma Argento ha compiuto un salto di linguaggio: ha trasformato l’orrore in esperienza estetica, rendendo la paura qualcosa di visivo, sonoro e quasi architettonico. Le sue inquadrature geometriche, l’uso dei colori saturi, i tagli improvvisi e le ombre non servono solo a creare tensione narrativa, ma a costruire un teatro della mente, dove lo spettatore viene catturato e disorientato.

Un tratto distintivo della sua opera è il legame con la pittura e l’arte visiva. I rossi accesi e i blu elettrici di Suspiria ricordano le tele di Kandinsky e l’espressionismo astratto, mentre la deformazione prospettica di certi interni sembra richiamare l’architettura metafisica di De Chirico. Allo stesso modo, l’uso del sonoro non è mai subordinato all’immagine: le musiche dei Goblin o di Morricone non accompagnano l’azione, ma la dominano, diventando esse stesse narratrici del terrore.

La paura per Dario Argento

In questo senso, Argento ha avvicinato il cinema all’opera lirica: ogni film è un melodramma della paura, dove l’emozione è amplificata fino all’eccesso. Non a caso, la critica internazionale lo ha spesso accostato a registi come Alfred Hitchcock per la tensione psicologica, ma con una differenza sostanziale: mentre Hitchcock costruisce il brivido sull’attesa, Argento lo scolpisce nell’immagine e lo incide nel suono, creando un impatto sensoriale totale.

L’influenza del maestro si ritrova anche nella letteratura. Argento ha preso in prestito l’immaginario dei racconti gotici e di Edgar Allan Poe, lo ha miscelato con il giallo italiano e lo ha tradotto in un linguaggio che non ha eguali. Questa commistione tra generi ha reso i suoi film universali e al tempo stesso profondamente legati alla cultura italiana, capaci di dialogare con l’arte e con le avanguardie del Novecento.

In definitiva, la paura secondo Argento non è mai solo paura: è stupore, bellezza, ipnosi. È l’esperienza di trovarsi davanti a un quadro che vive, a una sinfonia che aggredisce, a un incubo che non si riesce a dimenticare. È per questo che il suo cinema continua a essere studiato, imitato e celebrato, e che premi come quello ricevuto a Venezia assumono un valore che va oltre la carriera: sono la testimonianza di un’arte che ha cambiato il nostro modo di vedere e sentire il cinema.