Il tuo futuro
L.L. I tuoi prossimi lavori si orienteranno verso film o verso qualcosa di più breve? Perché ultimamente ho visto che stai lavorando a videoclip o pubblicità.
A.R. Oltre ai due film dopo “Funeralopolis”, che sono entrambi su Prime Video, ho iniziato subito a lavorare al film successivo. Purtroppo ci vogliono anni. Il mese scorso abbiamo finito le riprese, speriamo di uscire l’anno prossimo con il film nuovo.
Corti non ne faccio, ho fatto un paio di videoclip, un paio di pubblicità, ma poca roba perché non è il mio. Sono cose che faccio, banalmente, per mangiare e basta. L’obiettivo è continuare a fare cinema. È difficile soprattutto in una realtà come Milano però si fa.
Il futuro del cinema italiano
L.L. In quale direzione credi che si muoverà il cinema italiano? Soprattutto a livello di giovani registi e di concept che si vorrà portare.
A.R. Allora, è complicato. Da una parte ci sono gli autori e le autrici, che secondo me vogliono muoversi verso la direzione che io cerco di spingere da dieci anni con le produzioni italiane, che è quella del genere, ad esempio dell’”elevated horror”, cioè quello che stanno facendo negli Stati Unti da una decina d’anni con grande successo commerciale. Il cinema ha qualcosa da dire di importante e lo fa attraverso un genere che, come dicevamo prima, arriva a tanti: la fiction vince sul documentario in quanto a pubblico potenziale, il genere vince sulla fiction in quanto a pubblico potenziale. Perché? Magari uno va a vedere un horror per divertirsi ed è lì che devi infilare i discorsi più importanti.
Per cui, secondo me, c’è tutta una schiera di giovani autori e autrici che vogliono o vorrebbero iniziare a fare quella roba lì. Dall’altra parte c’è un tipo di struttura cinematografica italiana di produzioni che non ne vogliono sapere. Io ho avuto due o tre film di questo tipo in opzione con grosse case di distribuzione che dopo un anno, due anni di opzione mi hanno detto di non essere riusciti a trovare i soldi per girarlo. C’è ancora della paura nel proporre qualcosa di nuovo rispetto a quello che si è sempre fatto e si continua a fare. È vero che negli ultimi anni sono uscite produzioni anche un pochino più ardite da giovani registi della mia generazione o un pochino più vecchie, diciamo trentenni o quarantenni, che già è un miracolo che riescano a fare cinema in Italia oggi. Però sono, più che altro, produzioni che strizzano l’occhio al festival, che non vogliono arrivare in nessun modo al grande pubblico, non ci provano neanche. Secondo me falliscono in partenza, non è quella la strada.
In Italia dobbiamo renderci conto che c’è tutto un tipo di cinema che sta a metà tra il cinema di cassetta, orribile, che continuiamo a fare da decenni per un certo tipo di pubblico e il cinema da festival che è per un altro tipo di pubblico. Non si capisce che si possano unire. È ciò che dobbiamo cercare nel nostro cinema.
Registi
L.L. Hai qualche regista a cui ti ispiri?
A.R. No. Ci sono tanti registi che amo ma a cui non mi rifaccio direttamente. Credo che farlo sia sbagliato perché vorrebbe dire che non c’è bisogno di te. C’è bisogno di te quando c’è una visione unica che non hai visto da nessuna parte e che è un mix di tre-quattro cose che non hai ancora visto sotto quella luce.
L.L. Hai qualche nome di regista che, secondo te, diventerà un nome grosso in Italia che riuscirà a unire queste due correnti che mi dicevi?
A.R. Per ora non ne ho visto nessuno. Se ne vedrò ti farò sapere. Ce ne sono di registi bravi in Italia, assolutamente. Che riusciranno a fare questa cosa, a occhio, no. Siamo ancora indietro. La questione dei fondi, del taglio al cinema: paradossalmente, stiamo andando ancora più indietro. A livello di produzioni, quest’anno si è fatto il 10-15% di quello che si è fatto l’anno prima. C’è la gente, disperata, che non riesce a mangiare.
L.L. Con il taglio previsto per l’anno prossimo la situazione peggiorerà.
A.R. Potrebbe sancire la fine del cinema italiano. Cioè, non è detto che il cinema italiano sopravviva. Può essere che smetta di essere anche quella piccola industria che è stata fino a oggi.

