Il Longtake Film Festival torna a Milano dal 28 al 30 novembre 2025 con una settima edizione ricca di cinema d’autore, anteprime internazionali, ospiti e incontri che confermano il ruolo della città come uno dei poli culturali più vivaci d’Europa. A ospitare la manifestazione sarà ancora una volta Il Cinemino, luogo-simbolo per la comunità cinefila milanese, che accoglierà sei film in concorso, la sezione dedicata ai cortometraggi MOSAICO, la rassegna Scelti da voi e numerosi eventi collaterali che intrecciano cinema, sport, letteratura e riflessioni sociali contemporanee.
Per approfondire la visione dietro questa nuova edizione, abbiamo intervistato Andrea Chimento, direttore del Longtake Film Festival, che ci ha raccontato il rapporto della manifestazione con Milano, le scelte artistiche, l’importanza dei classici e il ruolo sempre più cruciale dei festival come spazi di pensiero critico e condivisione culturale.
Intervista ad Andrea Chimento, direttore del Longtake Film Festival
Il Longtake Film Festival consolida il legame con Il Cinemino e con il Comune di Milano. In che modo questa manifestazione contribuisce alla costruzione di un’identità cinematografica milanese? Quali aspetti della città ritroviamo nei film o negli eventi che avete scelto di proporre?
«Sì, il festival è sostenuto molto dal gruppo del Cinemino, non soltanto per la sala, ma anche per dare un’identità forte alla manifestazione, è una struttura sempre più protagonista della scena milanese. Inoltre abbiamo la fortuna di essere sostenuti sia economicamente, sia a livello di patrocinio dal Comune di Milano, che ringrazio come sempre. E credo che proprio il nostro festival sia una parte di un meccanismo molto ampio, molto grande, di un’identità culturale estremamente forte, importante, sempre più urgente e decisiva per tantissime ragioni; che il Comune di Milano sta portando avanti nel fare iniziative culturali estremamente importanti.
L’evento forse più significativo del nostro palinsesto in relazione a Milano è l’evento collegato ai Giochi Olimpici della domenica mattina, in cui faremo uno talk sul rapporto tra cinema e sport in relazione alle Olimpiadi Culturali di Milano e Cortina. Parleranno Mauro Bevacqua, giornalista sportivo, e Pier Davide Romani, campione e vincitore di premi importanti. E ci sarà poi la proiezione di un film scelto dal pubblico, Momenti di gloria, in relazione al tema del rapporto tra cinema e sport».
Milano è spesso vista come una città proiettata verso il futuro. Come dialoga questo immaginario con un festival che esplora l’autorialità contemporanea? Possiamo dire che Milano stia diventando un laboratorio privilegiato per le nuove voci del cinema?
«Milano è sempre più un polo fondamentale per lo sviluppo di una grande attenzione verso un cinema diverso, alternativo e testimone anche alla nascita quest’anno del Milano Film Fest, dalle ceneri del precedente Milano Film Festival. Il Longtake Film Festival cerca di far scoprire cose nuove, esordi come quello di Maria Cavallo, con Anime galleggianti, che crediamo possa essere davvero una regista che possa dire molto nel panorama italiano futuro. E un altro esordio è No dogs allowed, film tedesco su cui puntiamo tantissimo. E poi tante voci giovani nel concorso dei corti di Mosaico nello spazio Italia. Uno spazio per scoprire cose nuove, un cinema un po’ diverso da quello a cui si è abituati».

La sezione Scelti da voi porta i classici in sala, creando un ponte tra memoria cinematografica e pubblico di oggi. Quanto è importante questo lavoro di riscoperta per un festival milanese? Che risposta arriva dalle nuove generazioni?
«Noi, ai classici, occupandoci spesso di storia del cinema, siamo molto legati. Quella sezione è una sezione che c’è fin dal primo anno, perché il festival, che prima si chiamava Longtake Interactive Film Festival, era interattivo. È interattivo, se vogliamo, perché una parte del programma lo sceglie il pubblico. Qui hanno scelto come film, sul rapporto tra cinema e sport, Momenti di gloria. Eva contro Eva, invece, come film di chiusura in relazione alla ricorrenza, dato che compie 75 anni quest’anno.
Ed è una parte fondamentale per me, tanto per trasmettere passione alle nuove generazioni, anche perché dentro il festival c’è un concorso per giovani critici e quindi l’idea è anche far scoprire magari delle perle del passato a chi non le conosce. E poi il fatto di vedere che il pubblico, la community di Longtake e del Longtake Film Festival partecipi alla selezione, questo è un aspetto per noi importantissimo e che ci fa davvero piacere».
Molti eventi collaterali affrontano temi sociali, politici e culturali. Quanto conta per voi che il festival diventi uno spazio di riflessione su come Milano vive queste trasformazioni?
«Sì, sono tanti gli eventi, gli spunti politici. Partiamo nel nostro Longtake Film Festival con la presentazione di un libro che parla degli incel, un podcast live su Pasolini per ricordarlo nel cinquantenario della morte. E Pasolini per noi è un momento attuale che ha avuto davvero un ruolo fondamentale nella letteratura, nel cinema e il suo approccio è anche sempre controcorrente; per noi è sempre di grande ispirazione, soprattutto quando ci sono delle basi culturali molto forti come quelle che lui aveva.
C’è l’evento sulle Olimpiadi e c’è il concorso per i giovani critici. Io credo che lo spazio dell’arte e della cultura oggi debba essere sempre di più uno spazio anche di riflessione sociologica, politica, di varia natura e credo che un festival abbia oggi questa questa forza assolutamente importante. Se magari ci troviamo di fronte al momento in cui alcune situazioni cinematografiche sono un po’ più delicate, le sale, i biglietti e quant’altro, i festival sono in qualche modo una forma importantissima di condivisione, di comprensione, di aspetti che vanno al di là del cinema stesso per diventare davvero un motore sociale importantissimo. Ed è testimonianza anche della nascita di tantissimi festival negli ultimi anni nuovi, spesso fatti con grande attenzione».
Tornano incontri, podcast, tavole rotonde. Milano può diventare un polo europeo del pensiero cinematografico? Cosa manca per consolidare questo ruolo?
«Milano ha un ruolo sempre più importante per tantissimi ragionamenti culturali, per i giovani, per mostrare come ai giovani si possa trasmettere fiducia nella cultura, nel mondo dell’arte, nel mondo dello spettacolo. Credo assolutamente che Milano possa diventare uno dei poli europei del pensiero cinematografico, anche perché ci sono tanti festival di grande qualità. E stiamo parlando solo di cinema, se poi ampliamo al teatro, la letteratura, la musica, il discorso è ancora più importante».

