Il panorama culturale italiano piange la scomparsa di Vittorio Orsenigo, figura emblematica dell’arte e della letteratura milanese. Nato il 5 agosto 1926 a Milano, Orsenigo si è spento il 28 marzo 2025 all’età di 98 anni.
Dall’industria all’arte: gli esordi di una carriera eclettica
Proveniente da una famiglia di industriali con radici comasche, Orsenigo inizialmente intraprese studi presso l’Università Bocconi. Tuttavia, abbandonò il percorso accademico per dedicarsi all’azienda paterna, la Metallurgica Orsenigo di Fagnano Olona, che guidò fino alla sua chiusura nel 1990. Nonostante gli impegni aziendali, la passione per l’arte lo spinse a esplorare nuovi orizzonti creativi.
L’approdo al teatro: collaborazioni e successi
Nel secondo dopoguerra, su invito di Elio Vittorini, Orsenigo curò un ciclo di letture alla Casa della Cultura di Milano, presentando opere di autori allora poco noti in Italia, tra cui Christopher Isherwood, Bertolt Brecht e Wystan Hugh Auden. Il 1950 segnò il suo debutto come regista al Piccolo Teatro di Milano, sotto la direzione di Paolo Grassi, con le messe in scena di Ubu Roi di Alfred Jarry e Le Mammelle di Tiresia di Guillaume Apollinaire. In questo contesto, instaurò una proficua collaborazione con lo scenografo Pier Luigi Pizzi, che curò scenografie e costumi per le sue produzioni.
Pittura e fotografia: espressioni di una creatività multiforme
Parallelamente all’attività teatrale, Orsenigo si dedicò alla pittura e alla fotografia. Nel 1981 espose a Milano opere concettuali, raccolte in un catalogo curato da Achille Bonito Oliva. Successivamente, nel 1985, presentò i suoi lavori a Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Nel corso degli anni, condivise spazi espositivi con artisti del calibro di Arnaldo Pomodoro, Agenore Fabbri, Bruno Munari, Enrico Baj e Piero Manzoni, consolidando la sua presenza nel panorama artistico contemporaneo.
La scrittura: un talento sbocciato in età matura
Sebbene Orsenigo avesse iniziato a scrivere negli anni ’50, fu solo in età avanzata che la sua produzione letteraria divenne prolifica. Tra le sue opere più significative si annoverano:
• Storie zoppe (1995)
• Settore editoriale (2001), con prefazione di Giuseppe Pontiggia
• Lettere a Giuseppe Pontiggia (2006)
• L’uccellino della radio (2008)
• Dio ne scampi dagli Imbriani (2008)
• Giro del mondo (2021)
Oltre alla narrativa, si occupò di traduzioni e curatele per case editrici come Sellerio e Archinto, con particolare attenzione all’opera di Guillaume Apollinaire.
Eredità e riconoscimenti
La versatilità di Orsenigo è stata oggetto di apprezzamento da parte di numerosi critici e letterati. Salvatore Quasimodo, Raffaele Carrieri, Roberto Rebora, Achille Bonito Oliva, Guido Almansi, Roberto Barbolini, Luca Doninelli, Massimo Onofri e Maurizio Cucchi sono solo alcuni dei nomi che hanno scritto sulla sua opera, evidenziando la profondità e l’originalità del suo contributo culturale.
Con la scomparsa di Vittorio Orsenigo, Milano e l’Italia perdono una figura poliedrica, capace di attraversare e influenzare diversi ambiti artistici, lasciando un’eredità indelebile nel tessuto culturale del Paese.