Andrea Occhipinti, due vite per il cinema: da sex symbol a re del film d’autore

Andrea Occhipinti, fondatore Lucky Red

Dal set con Sophia Loren alla Lucky Red, l’uomo che ha cambiato la distribuzione d’essai in Italia si racconta: passioni, cadute, rinascite e grandi intuizioni

Il racconto di un protagonista silenzioso del nostro cinema

C’è chi il cinema lo fa, chi lo distribuisce, chi lo reinventa. Andrea Occhipinti ha fatto tutto questo e lo ha fatto due volte, da due angolazioni opposte e complementari: prima attore icona e poi produttore e scopritore di talenti. È l’uomo che ha portato il grande cinema d’autore nelle sale italiane, spesso controvento.

Andrea Occhipinti è oggi una delle figure più influenti e riconoscibili del cinema indipendente italiano. Ma il suo percorso è tutt’altro che lineare. Prima interprete di fascino, dallo sguardo tenebroso e dall’immagine da sex symbol – che non sentiva sua – poi imprenditore illuminato con Lucky Red, casa di produzione e distribuzione che ha rivoluzionato l’accesso ai film d’autore in Italia. Un’evoluzione personale e professionale che racconta di fragilità, intuizioni geniali e passione per la settima arte.

Trama della vita: dalla recitazione alla distribuzione

Figlio di un medico bipolare e di una maestra elementare, Occhipinti cresce tra i cavalli e la campagna romana. Timido e inquieto, si emancipa presto e approda nel mondo dello spettacolo tra spot pubblicitari e cinema. Lavora con nomi importanti come Dino Risi, Scola, Bolognini, ma sente che la recitazione non gli basta. Dopo vent’anni da attore, fonda la Lucky Red e scommette su film visionari e difficili da vendere, vincendo premi in tutto il mondo.

Il lato oscuro della bellezza

La sua bellezza fu un’arma a doppio taglio. Riconosciuto dal pubblico come un bello e tenebroso, Andrea non si riconosceva in quel ruolo. «Non ero a mio agio, era tutto stucchevole», confessa. Omosessuale dichiarato nel privato, ma non pubblicamente negli anni Ottanta, visse con leggerezza e libertà la propria sessualità, anche quando ciò significava scontrarsi con il padre.

L’aneddoto con Sophia Loren – uno schiaffo sul set per un bacio troppo invadente – e quello con una signora che lo “sequestrò” in cabina a Fregene, ribaditi in un’intervista al Corriere, segnano un’epoca di ambiguità e seduzione. Episodi che restituiscono un’Italia sospesa tra retaggi moralisti e libertà in cerca d’identità.

Il talento del fiuto e il cinema dei festival

Occhipinti ha fiuto. Lo dimostrano i numeri di Lucky Red: 31 Oscar51 David di Donatello23 premi a Venezia. Distribuire film come The MillionaireIl divoLe nevi del KilimangiaroMagdalenePriscilla – La regina del deserto non è stata solo fortuna. È stata visione.

Ha portato nei cinema italiani registi come Sorrentino, Moretti, Martone, Kaurismäki, Kechiche, con operazioni audaci anche nei titoli (come Cous Cous, titolo osteggiato dallo stesso Kechiche). Non ha mai temuto i film “pericolosi”: Totò che visse due volte, ritenuto blasfemo e vietato ai minori di 18 anni, fu uno degli emblemi della sua idea di cinema libero.

Lucky Red: un nome, una filosofia

Fondata con due soci – Kermith Smith e Dino Trappetti – Lucky Red prende il nome dal colore dei capelli di Kermith, e dalla fortuna nel caos. Un marchio che ha saputo coniugare il gusto per il cinema alto con esigenze di pubblico e mercato. L’obiettivo? Far convivere autorialità e accessibilità, come solo le grandi distribuzioni internazionali hanno saputo fare.

Con L’amore molesto di Mario Martone nel 1995, Occhipinti è diventato anche produttore, accogliendo nel suo catalogo registi esordienti e scrittori in cerca d’immagini.

Intuizioni, rimpianti e battaglie

Occhipinti ha imparato da autodidatta, con i cineclub come scuola e New York come rivelazione. «Mi chiesi: perché i film di Almodóvar non arrivano in Italia? Non averlo distribuito è il mio grande rimpianto», racconta. Accanto, un altro: «Ho sprecato troppo tempo dai 17 ai 19 anni, troppe canne, poco studio».

Ma le sue intuizioni sono state più forti dei rimpianti. L’Italia ha visto The Millionaire ben prima che vincesse 8 Oscar. E Silvio Forever ha messo a dura prova i palinsesti della RAI. Anche Il divo, osteggiato da Andreotti, è stato un esempio di coraggio editoriale. «Andreotti alla prima disse “che mascalzone!” e poi si ricompose subito», ricorda Occhipinti con ironia.

Il cuore, la lotta e l’identità

Da 31 anni accanto a un uomo spagnolo, con cui ha celebrato unione civile in Italia e matrimonio in Spagna, Andrea Occhipinti ha vissuto senza vergogna e con coerenza. «Non l’ho mai nascosto, ma non lo dicevo in giro», chiarisce, parlando della sua omosessualità. Una chiarezza che gli ha permesso di raccontare anche sullo schermo storie di diversità, di dolore e di riscatto.

Come quella raccontata in Magdalene, che sente vicina per la sofferenza femminile e la violenza maschile che ha vissuto in famiglia. E come Priscilla, diventata cult tra le mura della Mucca Assassina a Roma, dove una giovane Vladimir Luxuria animava le serate.

Il futuro del cinema secondo Occhipinti

Nel suo racconto, Occhipinti lancia anche una frecciatina al sistema del tax credit, e difende la filiera del cinema serio dagli scandali recenti: «Quando ci siamo accorti delle anomalie, siamo stati i primi a sollecitare i controlli». Il cinema italiano, dice, è fatto di eccellenze, non di truffe.

La sua visione resta lucida e rivolta al domani: «Il talento è capire quali film scegliere prima che vincano i premi». Un approccio che lo distingue dagli imprenditori dell’audience, più che del cinema.

Una figura ponte tra due mondi

Andrea Occhipinti è stato un ponte tra due mondi: quello della bellezza patinata, fatta di copertine e Sanremo (che lui condusse nel 1991 con Edwige Fenech), e quello della cultura profonda, della ricerca, dell’autorialità. È stato attore, ma ha trovato la sua vera vocazione nei film degli altri. È stato sex symbol, ma ha trovato l’amore nella verità. È stato imprenditore, ma con l’anima di un cinefilo.

Con Lucky Red ha costruito non solo una casa di distribuzione, ma un’idea di cinema come strumento di riflessione e resistenza. Una “fortuna rossa” che dura ancora oggi.