Psicologia personale
L.L. Condivido quello che dici. Mi piace la visione di responsabilità verso la vita, un concetto sartriano. Sono d’accordo anche con la velocità dei social, soprattutto in fatto di musica. Sulla parte più personale, psicologica…
G.G. Scusami se ti interrompo, io credo che il percorso psicologico va ripreso più volte nella vita, va alimentato. Al di là delle domande tecniche che mi fai sui film, quello in cui io credo fermamente è la necessità di approfondire quello che vale più di tutto. Come prima cosa conoscersi per poter dare agli altri e per poter dare a noi stessi, condividi quando hai qualcosa da poter condividere, quindi qualcosa che conosci bene, che puoi gestire e mettere sul piatto. Dare in modo cosciente. La seconda cosa è cercare di leggere. Io leggo tanto, mi informo, cerco di capire e questo, nel mondo sempre più veloce di oggi, è diventato difficile. Ormai non abbiamo più tempo di leggere, approfondire, di studiare quando non è scuola dell’obbligo.
L.L. È passione
G.G. Esatto. Per questo poi nel lavoro questa curiosità è utile, questa meticolosità intesa come costanza giornaliera, ad esempio con la lettura. Alla fine quello che ti rimane è quello che hai dentro di te, puoi spogliarti di tutto ma è la conoscenza e la coscienza di quella conoscenza che fanno la differenza in ambito relazionale, ma anche in ambito lavorativo; in tutti gli ambiti.
Il terzo punto, molto importante, è avere una coscienza spirituale. Non si parla per forza di una religione, ciascuno ha la propria spiritualità. Però porsi le domande giuste e avere una propria spiritualità è un passo determinante ancora di più nel mondo di oggi, perché è qualcosa che ti permette di centrarti e di stare nel tempo e nello spazio, con te stesso e con gli altri. Altrimenti la vita è un po’ povera, secondo me.
Non rimpianti
L.L. Il percorso psicologico di certo aiuta a porsi le giuste domande. La mia penultima domanda è: hai qualche rimpianto?
G.G. Onestamente ti dico no, perché i rimpianti sono dei momenti di presa di coscienza che qualcosa sarebbe potuto andare meglio. Però noi non sappiamo se le cose, effettivamente, sarebbero andate meglio. È un multiverso che non conosciamo. Tecnicamente i rimpianti, per come la vedo io, non esistono. Si impara ad agire in un modo piuttosto che in un altro: è fondamentale fare degli errori, che poi non mi piace chiamarli errori…
L.L. Degli atti costruttivi
Sì, inciampare perché poi diventano atti costruttivi. È tutto un atto costruttivo. La parola rimpianto è una parola vuota perché parla di una realtà che non esiste.
Un desiderio
L.L. Bellissima risposta. L’ultima domanda, magari scontata, è: hai qualcosa da aggiungere? Qualcosa che vorresti dire? Dopo questa chiacchierata molto densa forse è difficile.
G.G. L’unica cosa che vorrei aggiungere lo faccio come un invito. Sarei felicissimo di parlare ai ragazzi nelle scuole, già mi capita ma vorrei farlo di più. Quindi è un invito gli insegnanti. Perché quando ripenso a quando andavo a scuola io, raramente c’erano degli incontri con dei giovani, spesso erano delle persone molto grandi. Invece avere un incontro con una persona giovane, con una buona esperienza di vita, creerebbe quel ponte con i ragazzi. Mi piace tantissimo parlare con loro, mi ci rivedo. Fondamentalmente gli anni delle medie e delle superiori sono momenti di sofferenza, in cui non ci conosciamo, dobbiamo costruire la nostra personalità, abbiamo il fiato sul collo della famiglia e della società: devi sapere che università andrai a fare così da sapere anche che lavoro andrai a fare nella vita. È terribile. A me piacerebbe essere invitato a parlare per scambiare delle idee, delle visioni… e porsi le domande giuste che è fondamentale.

