Nuova fase strategica per il cinema e l’audiovisivo calabrese: intervista all’avviso e prospettive
Nel momento in cui il sistema dell’audiovisivo e della produzione cinematografica assume un ruolo sempre più centrale nel promuovere territori e talenti, la decisione della Fondazione Calabria Film Commission (CFC) di aprire una selezione per un nuovo direttore – a seguito delle dimissioni del precedente manager – assume una valenza che va oltre il mero ricambio istituzionale. È un segnale che la Regione intende ridisegnare il proprio impegno culturale e produttivo nel settore dell’«industria creativa».
Il bando in breve
Il Regione Calabria, tramite il suo Dipartimento Turismo e con decreto del dirigente generale Raffaele Rio, ha approvato e pubblicato un avviso per la «selezione finalizzata alla nomina del direttore della Fondazione Calabria Film Commission». Il termine per la presentazione delle domande è fissato entro 15 giorni dalla pubblicazione dell’avviso sul BURC. Fra i requisiti richiesti spicca una «documentata esperienza almeno triennale in organi amministrativi e di controllo di enti, società e fondazioni».
Nel testo si precisa che, ai fini della nomina, si valuteranno: a) il livello di complessità della struttura amministrativa della Fondazione e gli obiettivi strategici derivanti dallo statuto, b) le attitudini e capacità professionali e organizzative dei candidati, c) le pari opportunità. L’incarico è fiduciario, ha durata di cinque anni a partire dalla nomina, è revocabile con atto motivato del socio fondatore, risulta incompatibile con la carica di presidente della Fondazione e prevede un compenso equiparato a quello dei dirigenti apicali della Regione Calabria decurtato del 20%.
Il contesto della Fondazione e le sue sfide
La Fondazione Calabria Film Commission è stata istituita con legge regionale n. 1 dell’11 gennaio 2006 e ha come socio unico la Regione Calabria. Essa ha come missione la promozione del territorio calabrese come location per produzioni cinematografiche e audiovisive nazionali e internazionali, e lo sviluppo del comparto industriale dell’audiovisivo locale. Negli ultimi anni la CFC ha gestito avvisi pubblici per il sostegno alle produzioni con risorse rilevanti, segnalando una crescita del numero di set in Calabria e un aumento delle opportunità per professionisti e imprese locali.
Tuttavia, la concentrazione di potere e alcuni profili di conflitto istituzionale erano stati messi in luce in precedenza, come nel caso del precedente direttore Luciano Vigna che cumulava incarichi multipli.
La nuova nomina dunque assume, oltre all’aspetto tecnico-gestionale, un valore simbolico: scegliere un profilo che sappia collegare la produzione audiovisiva alla valorizzazione del territorio, mantenendo trasparenza e coerenza istituzionale.
Cosa potrebbe fare il nuovo direttore
Il nuovo manager dovrà operare su più fronti. In primo luogo, continuare a rendere la Calabria appetibile come set – grazie a paesaggi diversificati, borghi storici, montagna e mare a poca distanza l’uno dall’altro – ma anche garantire un sistema di sostegno alle maestranze, infrastrutture, logistica e semplificazione delle procedure.
Poi si dovrà fomentare una filiera locale dell’audiovisivo: dalla formazione dei giovani, alla produzione e post-produzione, fino alla distribuzione e promozione, integrando politiche culturali, turistiche e territoriali. In terzo luogo, occorre che la Fondazione assuma un ruolo di soggetto attuatore delle politiche regionali per il cinema e l’audiovisivo, come previsto dalla legge regionale 21 del 21 giugno 2019.
Le priorità includono: rafforzare il legame tra industria e territorio, incentivare le produzioni che valorizzino l’identità calabrese senza cadere nei cliché, garantire la trasparenza nella scelta dei progetti e nella rendicontazione, promuovere festival e rassegne cinematografiche che rappresentino la pluralità culturale della regione.
Analisi critica delle condizioni attuali
Dal punto di vista critico, emergono alcuni nodi da sciogliere. La durata quinquennale dell’incarico dà potenzialità di lungo periodo ma richiede stabilità e chiarezza nella governance; l’essere «fiduciario» può generare rischi di dipendenza politica se non accompagnato da procedure trasparenti. Il compenso decurtato del 20% appare come segnale di contenimento della spesa, ma potrebbe riflettere anche la difficoltà di attrarre profili esterni di grande esperienza se le condizioni non risultano competitivi sul piano nazionale.
Il criterio della «documentata esperienza almeno triennale in organi amministrativi e di controllo di enti» indica una chiara preferenza per manager con background gestionale piuttosto che esclusivamente artistico-creativo: scelta comprensibile, ma che richiede un equilibrio fra governance e visione culturale.
Inoltre, la sfida reale è rendere il sistema dell’audiovisivo non solo «accogliente» per produzioni esterne, ma generativo per il tessuto locale: tecnici, attori, location non devono rimanere solo risorse, ma protagonisti. Le produzioni internazionali che arrivano devono lasciare ricadute durature sul territorio e non solo consumo temporaneo delle location.
Riflessi sul mondo del cinema e dell’arte
La scelta del nuovo direttore della Calabria Film Commission va letta anche nel contesto più ampio delle film commission regionali in Italia – in analogia a realtà come la Apulia Film Commission o la Sicilia Film Commission – che diventano veri e propri hub di produzione culturale, industriale e turistica.
Dal punto di vista artistico, il cinema che arriva sul territorio calabrese richiama filoni del documentario, del racconto di identità e memoria – si pensi all’opera del regista Vittorio De Seta (“In Calabria”, 1993) che aveva già indagato la regione con occhio antropologico e poetico.
L’azione della Film Commission può dunque inserirsi in un dialogo tra cinema, arti visive, turismo culturale e rigenerazione di territori marginali: un approccio che richiama tanto il cinema del Sud degli anni 70-80 quanto le esperienze recenti del «cinema di territorio» che cerca di coniugare estetica e sviluppo.
Se l’obiettivo è rendere la Calabria non solo “bella da vedere”, ma “viva da filmare”, allora il nuovo direttore dovrà avere visione e concretezza insieme – unendo dimensione artistica, industriale e sociale.
Quali sensazioni e riflessioni voleva produrre il bando – e ci è riuscito?
Alla firma dell’avviso, la Regione intendeva lanciare un messaggio di rinnovamento, **apertura», e strategia culturale: non una semplice sostituzione, ma una fase nuova per la CFC. Il richiamo alle «pari opportunità», alla complessità gestionale e alla durata quinquennale suggeriscono che la figura cercata deve guardare al medio-lungo termine, non al mero progetto temporaneo.
La sensazione è di opportunità: per la Calabria, per il cinema locale, per una svolta che porti produzioni, lavoro qualificato, visibilità internazionale. Tuttavia, ci sono riflessioni necessarie: il bando da solo non basta se non seguono risorse, autonomia, trasparenza e sostenibilità.
In questa prima analisi sembra che il bando abbia centrato il proprio obiettivo comunicativo: segnalare che “ora si fa sul serio”. Ma il vero test sarà nei fatti: nella capacità del nuovo direttore di trasformare opportunità in risultati visibili e duraturi.
Quale sarà il bilancio finale e cosa resta da osservare
Il nuovo incarico apre una fase decisiva: se la Calabria riuscirà a trasformarsi da location “interessante” a laboratorio stabilmente produttivo, allora il bando sarà valutato positivamente. Occorrerà monitorare:
- quanti set si realizzeranno nel territorio nei prossimi anni e quante aderiscono realmente alla filiera locale;
- se investimento vero verrà attratto, non solo per la produzione ma per la formazione e occupazione stabile;
- quanto la governance della CFC si manterrà autonoma, trasparente e professionale, evitando conflitti di interesse;
- quanto le produzioni valorizzeranno i temi della Calabria – memoria, identità, paesaggio, innovazione – e non solo la superficie scenografica.
In definitiva, la nomina del nuovo direttore della Calabria Film Commission rappresenta non solo un atto amministrativo, ma una scommessa sulla capacità del cinema e dell’audiovisivo di diventare volano culturale e economico per un territorio spesso marginale. Se si saprà far dialogare visione artistica, rigore gestionale e radicamento territoriale, la scommessa potrà davvero trasformarsi in un’avventura produttiva capace di lasciare traccia.

