Una storia lunga un secolo (quasi)
Immagina una città termale, nascosta tra le montagne della Boemia, dove l’aristocrazia ottocentesca andava a curarsi con le acque miracolose. Ora immagina che quella stessa città, Karlovy Vary, nel dopoguerra si trasformi in un punto nevralgico per il cinema mondiale. Era il 1946, e il Karlovy Vary International Film Festival (KVIFF) muoveva i suoi primi passi.
Inizialmente organizzato con l’appoggio del governo cecoslovacco, il festival aveva uno scopo preciso: usare il cinema come strumento di influenza culturale. Ma proprio da quella spinta ideologica nacque una delle piattaforme artistiche più libere e stimolanti dell’Est Europa.
Il cinema come specchio di un’epoca
Durante gli anni della Guerra Fredda, Karlovy Vary era uno dei pochi luoghi dove l’Occidente e l’Oriente si sfioravano davvero. Alcuni film occidentali venivano ammessi con cautela, ma era il cinema sovietico e dei paesi satelliti a dominare le proiezioni. Eppure, anche in quell’ambito, emersero storie potenti, registi audaci e opere che sfuggivano al controllo dell’ideologia.
Negli anni ’60 e ’70, il festival divenne una vera fucina di nuovi linguaggi cinematografici: da lì passarono cineasti oggi leggendari come Andrzej Wajda, Miloš Forman, Krzysztof Zanussi, István Szabó. E persino registi italiani, francesi, tedeschi cominciarono a vedere Karlovy Vary come un ponte tra mondi.
Dalla rivoluzione di velluto alla rinascita globale
Con la caduta del comunismo nel 1989, il destino del festival sembrava incerto. Ma fu proprio in quegli anni di transizione che il KVIFF trovò una nuova identità.
Nel 1994, sotto la direzione del critico Jiří Bartoška e del programmatore Eva Zaoralová, Karlovy Vary venne rilanciato come festival di classe A, entrando nel circuito dei grandi eventi internazionali accanto a Cannes, Berlino e Venezia.
Il nuovo KVIFF abbracciava il mondo, ma manteneva l’anima dell’Est. La selezione ufficiale combinava opere d’autore, cinema indipendente, focus tematici e una straordinaria apertura verso le nuove cinematografie (soprattutto balcaniche, caucasiche, centro-asiatiche).
Karlovy Vary oggi: anima indie, cuore europeo
Oggi il Festival di Karlovy Vary è frequentato da oltre 135.000 spettatori ogni anno. Ogni estate, la cittadina termale si trasforma in un mosaico di lingue, incontri, emozioni. Gli ospiti dormono nei grandi hotel art déco e discutono di cinema tra un caffè e una proiezione.
Il fascino sta anche nella sua accessibilità: non servono badge esclusivi per assistere alle anteprime. Si fa la fila, si conoscono persone, si vive il cinema in modo autentico.
Il festival è diventato un punto di riferimento per il cinema dell’Europa orientale e balcanica, con una vetrina unica che dà spazio a storie dimenticate, nuove identità e registi emergenti.
Un’esperienza che resta nel cuore
Se sei un appassionato di cinema, Karlovy Vary è una tappa obbligata. Ma anche se non sei un cinefilo incallito, il festival ti conquisterà: per l’atmosfera, per la gente, per la capacità di farti scoprire qualcosa di nuovo, ogni giorno.
Non è solo cinema. È memoria, cambiamento, visione.
Karlovy Vary: un festival con l’anima
