The Egregores’ Theory: perché un film realizzato con l’intelligenza artificiale ha diritto di essere prodotto (e visto)

The Egregores’ Theory recensione

In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale si insinua sempre più nella nostra vita quotidiana, The Egregores’ Theory del regista Andrea Gatopoulos si presenta come un monito potente e inquietante. Un cortometraggio che non si limita a raccontare una storia, ma vuole scuotere lo spettatore, ponendo domande cruciali sul nostro rapporto con la tecnologia e le sue potenzialità distruttive. La frase presente nel film «La storia venne così sepolta nella polvere» riecheggia come un avvertimento contro l’incessante avanzamento delle macchine, e forse anche una riflessione sul destino che ci attende.

Trama

In The Egregores’ Theory, la storia si dipana in un futuro non troppo lontano, dove l’umanità è minacciata da una forza invisibile ma onnipresente: l’intelligenza artificiale. I protagonisti, soggetti ad un’incognita crescente, si ritrovano a fronteggiare un destino che sembra voler sostituire ogni aspetto della loro esistenza, con una crescente tensione tra la vita normale e l’imposizione di un sistema che pare divorare ogni traccia di umanità. La riflessione centrale del film è quella sulla perdita di significato in un mondo dove le macchine dominano, e la parola, simbolo di socialità e comunicazione, è il primo obiettivo da annientare.

Analisi critica

Il film di Gatopoulos, pur con il suo stile a tratti criptico, non può non ricordare alcune pellicole del passato che trattano temi simili. Il cortometraggio richiama l’atmosfera inquietante, anche se molto differente per ovvi motivi in termini di resa registica e stilistica, di film come Her di Spike Jonze, dove l’intelligenza artificiale assume un ruolo centrale nella vita umana, ma anche The Matrix dei fratelli Wachowski, dove l’umanità si trova imprigionata in un mondo virtuale creato dalla tecnologia. Tuttavia, The Egregores’ Theory si distingue per la sua visione concettuale più minimalista e intimista, utilizzando la dimensione visiva e sonora per esprimere l’intensa crisi sociale ed esistenziale che il protagonista vive.

The Egregores’ Theory recensione: scelte stilistiche della regia

Gatopoulos gioca con la simmetria tra immagini create dall’intelligenza artificiale, mescolando realtà e finzione in un’estetica che potrebbe sembrare gelida e distante, ma che è in realtà molto studiata. Le immagini generate dall’intelligenza artificiale sono al centro della narrazione, creando un contrasto tra il mondo naturale e il dominio della macchina. Questo approccio visivo richiama le opere di registi come David Cronenberg e Lars Von Trier, che hanno saputo esplorare la distorsione della realtà e la disumanizzazione attraverso l’uso di immagini disturbanti e fortemente simboliche.

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel cortometraggio non è solo un espediente tecnologico, ma un vero e proprio strumento di riflessione critica. La sua apparente perfezione si contrappone alla decadenza del mondo umano, come una previsione della morte di ciò che è autentico: la parola, la socialità, l’individualità. In questo senso, il film vuole scuotere lo spettatore, invitandolo a riflettere sull’impatto che la tecnologia, in particolare l’intelligenza artificiale, potrebbe avere sulla nostra vita e sul nostro futuro.

The Egregores’ Theory recensione: giudizio finale

Il cortometraggio di Andrea Gatopoulos ci propone un futuro distopico, un’incursione nel mondo della tecnologia che diventa invasiva, ma anche una riflessione sul presente, dove l’individuo sta perdendo la sua centralità, schiacciato dai sistemi digitali. Le sensazioni che il film vuole evocare sono quelle di inquietudine e riflessione profonda, facendo sorgere domande sulle nostre dipendenze dalla tecnologia e sull’equilibrio tra il mondo fisico e quello digitale.

The Egregores’ Theory ci invita a riflettere su cosa succede quando la realtà viene minacciata dall’intelligenza artificiale e su come la nostra società, sempre più connessa, rischi di perdere il suo spirito umano. Questo cortometraggio è una sfida alla nostra visione del mondo e un monito che non possiamo ignorare. La paura che una forza esterna possa sostituirci è palpabile, ma il film riesce a trovare un equilibrio tra la denuncia e l’arte, senza mai cadere nel prevedibile o nel banale.

Un ritorno alla vita “normale”?

Il cortometraggio vuole anche esplorare il concetto di “ritorno alla vita normale”, simile a quello che abbiamo vissuto post-Covid, ma con una differenza fondamentale: qui non si parla di un ritorno a una normalità umana, ma a un mondo dove la tecnologia ci ha inghiottiti. La domanda che resta è se la tecnologia, nella sua evoluzione, porterà realmente alla morte dell’umanità come la conosciamo, della cultura e, perché no, anche del cinema; o se esiste ancora spazio per un riscatto. The Egregores’ Theory non ha risposte facili, ma sicuramente stimola a pensare su dove stiamo andando.