Monólogo Colectivo di Jessica Sarah Rinland: una riflessione intima sulla relazione tra uomo e natura

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Monólogo Colectivo, diretto da Jessica Sarah Rinland, è un documentario che si addentra nell’intimità delle relazioni tra esseri umani e animali, esplorando lo spazio di intersezione tra conservazione e osservazione. Presentato nella sezione Cineasti del Presente al Locarno Film Festival, il film si distingue per il suo approccio poetico e minimalista, che trasforma il quotidiano in una narrazione universale.

La regia di Jessica Sarah Rinland: uno sguardo discreto ma profondo

Jessica Sarah Rinland, regista argentino-britannica, costruisce il suo racconto con delicatezza, alternando immagini in 16mm a riprese di videosorveglianza. Questa scelta stilistica non è casuale, ma riflette il suo desiderio di evidenziare la distanza tra l’uomo e la natura, anche quando questa sembra annullarsi. Il suo sguardo è discreto ma profondo, attento a catturare i gesti quotidiani dei custodi dell’Ecoparco di Buenos Aires, i loro sussurri, le loro interazioni quasi silenziose.

Un cinema di osservazione e riflessione

Monólogo Colectivo non cerca di spiegare né di giudicare. Si pone piuttosto come una finestra aperta su un microcosmo complesso, dove le relazioni tra uomo e animale sono sfumate, ambigue, mai completamente definibili. Le immagini si susseguono come frammenti di un racconto, e la narrazione si sviluppa in un dialogo silenzioso tra corpi, sguardi e spazi condivisi.

Un’esperienza visiva ed emotiva

La scelta del formato in pellicola 16mm conferisce al film una qualità tattile, quasi materica, che coinvolge lo spettatore in un’esperienza sensoriale. Non c’è una trama convenzionale, né una narrazione lineare: il film invita lo spettatore a immergersi, a osservare senza pregiudizi, a lasciarsi trasportare da immagini e suoni.

Un’opera che interroga lo spettatore

Monólogo Colectivo non è un documentario facile. Richiede attenzione, pazienza e disponibilità a entrare in un mondo che non offre risposte chiare. Ma proprio in questa ambiguità risiede la sua forza: è un’opera che interroga lo spettatore, che lo spinge a riflettere sulla propria relazione con la natura, sulla distanza e sulla prossimità, sul controllo e sulla cura.